
La partitura infernale, eventi sonori nelle bolge dantesche
Io venni in loco d’ogni luce muto,
che mugghia come fà mar per tempesta
(Inferno V, vv. 28-29)
In questi due versi tratti dal canto V dell’Inferno dantesco si riassume una caratteristica tra le più tangibili dell’intera Commedia: la presenza costante di un interagire di versi, rumori, colori, immagini, silenzi e persino odori. Nel suo saggio, Vincenzo Incenzo analizza con estrema precisione la ricchezza sinestesica di questo capolavoro, evidenziandone soprattutto il movimento ritmico, tra suoni e pause mute, come si trattasse in effetti di una speciale partitura. E nel farlo si avvale della sua sensibilità artistica multiforme, pronto a cogliere assonanze e dissonanze così come a evocare immagini, da lasciare poi in sospeso nella mente del lettore.
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«Primo di una trilogia di libri che trattano del “lessico sonoro” nelle tre cantiche della Divina Commedia (Purgatorio e Paradiso sono ancora in fase di scrittura), La Partitura infernale è, come ci suggerisce il titolo, un’opera di letteratura che tende imprescindibilmente alla musica: è scritto con lettere e parole, ma gli stessi concetti, proprio a detta dell’autore, potrebbero essere espressi con la medesima esaustività per mezzo di una partitura musicale, di uno spartito insomma.
Questa è la caratteristica fondamentale di quest’opera, la sua necessità di legare indissolubilmente arti che utilizzano codici espressivi differenti, ma che esprimono concetti comuni»
«Nato indubbiamente per un pubblico con un solido retroterra culturale di stampo umanistico, il libro accompagna il lettore alla scoperta, verso per verso, della trama musicale che sta sottesa ad ogni parola del testo dantesco: i gemiti dei dolenti, i fremiti degli spauriti, le urla, gli stridori, gli sbuffi, i soffi, i sospiri, i pianti… insomma tutti i suoni che compongono l’intricato e suggestivo mondo della Commedia»
«Parole, musica e pittura. Versi, note e colori. Una triade perfetta, che non sarebbe dispiaciuta al nostro poeta più grande. Un artista a tutto tondo, (…) pure nell’insolita veste di filologo»
(Menico Caroli)